BREVE RIPASSO DI BIOLOGIA

BREVE RIPASSO DI BIOLOGIA PER TEMPI DIFFICILI
L’umanità si divide in maschi e femmine perché ha una riproduzione sessuata. La differenza maschio-femmina non dipende dall’umore o dagli stereotipi, ma dai cromosomi. Le patologie non sono normalità: ormai affermare tali ovvietà è spericolato.
di SILVANA DE MARI
UOMINI E DONNE
Come ha scritto la buonanima di G.K. Chesterton arriveranno giorni in cui dovremo sguainare le spade per affermare che l’erba è verde d’estate e che 2 più 2 fa 4. E come ha scritto George Orwell occorre sempre battersi per l’ovvio, perché dove è negato l’ovvio ogni decenza è perduta. Combattiamo per l’ovvio. Questo è un articolo di banale biologia, vorrei sottolinearne l’aspetto meramente scientifico perché dopo l’approvazione del ddl Zan potrebbe portarmi più di una imputazione: i tempi preconizzati da Chesterton e temuti da Orwell sono arrivati.
L’umanità si divide in maschi e femmine perché noi abbiamo una riproduzione sessuata. Nasciamo tutti o maschi o femmine, a eccezione di una minuscola minoranza, ben al di sotto dello zero virgola, con patologie che possono essere cromosomiche, genetiche, endocrinologiche o anatomiche, di persone che non sono né maschi né femmina, esattamente come esistono persone che nascono senza il numero corretto di arti, o con organi non funzionanti. Sono malattie, non forme alternative di normalità, e sono tutte tragicamente aumentate nell’ultimo secolo. Queste persone dalla sessualità incerta vengono definite intersessuali: ognuno di loro è un caso a sé e appartiene alla medicina, non alla politica. Non hanno nulla in comune con chi si dichiara transessuale: persone cromosomicamente, geneticamente, endocrinologicamente e anatomicamente sane. A parte queste drammatiche eccezioni, tutti nasciamo o maschi o femmine. Ebbene sì, la
distinzione tra maschi e femmine non dipende dall’umore, dalla società e dagli stereotipi, ma è dovuta ai cromosomi e serve per la riproduzione, una funzione biologica propria degli organismi adulti. Quello che chiamano stereotipi da combattere sono invece situazioni statisticamente predominanti con una causa biologica, che non vanno combattute ma incoraggiate. Noi siamo la somma di natura e cultura e la cultura deve incoraggiare la natura e le differenze.
Sulla preziosa differenza tra maschi e femmine è basata non solo la riproduzione sessuata, ma il piacere, quello vero, quello dotato di orgasmo che è presente solo negli organi sessuali il cui incontro genera nuova vita. Fanno eccezione i concepimenti che cominciano nel gelo di una provetta e nella morte, la morte degli zigoti scartati, la morte degli embrioni perduti: non è una bella maniera di cominciare la propria esistenza. Nessuno sia così ingenuo da pensare che quel gelo e quella morte non restino da nessuna parte.
Siamo maschi e femmine in funzione della sessualità e la sessualità è in funzione della procreazione, il processo attraverso il quale organismi viventi (chiamati genitori) generano altri individui della stessa specie (chiamati discendenti) mediante l’unione di due gameti, nel nostro caso spermatozoo e ovulo. In queste due cellule i cromosomi sono dimezzati rispetto al numero
originario, così che, fondendosi, costituiscano un patrimonio genetico nuovo di un essere che, anche se ha il sorriso della mamma e la forma del viso di papà, è unico e irripetibile. La regola vale anche per i gemelli omozigoti che, anche se hanno la stessa genetica, differiscono per l’epigenetica. Il sesso è fisiologicamente piacere. Se non fosse piacevole ci saremmo estinti. Il dolore dello stupro, ma anche la mancanza di piacere, fanno parte della patologia, non della fisiologia. L’orgasmo femminile moltiplica le possibilità che si cominci una gravidanza, ma per una donna il concepimento può avvenire anche senza piacere o nel dolore. Non così nell’uomo: questa è una delle numerose differenze, uno dei motivi per cui la libido dei maschi è più esplosiva e pirotecnica rispetto a quella delle femmine, in genere meravigliosamente esplosiva, a volte dannatamente esplosiva, nel senso che può essere anaffettiva o aggressiva.
Una delle numerose idiozie dell’appiattimento del maschile e del femminile dell’ultimo mezzo secolo è aver im posto alle donne una sessuali tà anaffettiva usa e getta di tipo maschile, rinnegando il valore della maternità, rendendola sempre più difficile e disprezzabile.
Esiste anche una riproduzione a partire da un solo genitore, senza intervento dei gameti né fusione di patrimoni genetici: è chiamata riproduzione asessuata. Batteri, amebe e qualche creatura monocellulare hanno una riproduzione di questo tipo.
La riproduzione in biologia è l’apice della vita in quanto determina l’esistenza di una generazione successiva, cui trasmette le informazioni gen etich e. La riproduzione quindi è roba da adulti, quindi anche il sesso dev’essere tra adulti, ed è il passaggio che rende definitivamente adulti. La sessualizzazione e ipersessualizzazione dell’infanzia, che avvengono attraverso i media e nauseanti lezioni di cosiddetta educazione sessuale, sono forme di abuso su minore, che causano picchi di insicurezza, i quali a loro volta si manifestano con ansia e comportamenti auto aggressivi: nessuno si domanda perché, anche prima degli arresti domiciliari da Covid, la nostra società consideri inevitabili i comportamenti auto aggressivi in preadolescenza e adolescenza? L’iper sessualizzazione dell’infanzia è il primo dono maledetto del Sessantotto, decantata dalle maggiori menti che firmarono il manifesto del 1977 su Liberation, venduto come libertà sessuale del bambino.
Il secondo dono del Sessantotto è l’abolizione della donna, e ancora di più dell’uomo, uomo occidentale di cultura cristiana; è l’infantilismo cronico, il blocco all’adolescenza.
Un bambino non desidera diventare padre, un uomo invece sì. Una bambina vuole una bambola: una donna vuole un neonato. Un uomo che non vuole diventare padre, come una donna che non vuole diventare madre, è un adolescente cronico: il secondo dannato dono che dobbiamo al Sessantotto è l’infantilismo, il dipendere dallo Stato come da un biberon, il non volere figli, sia per non perdere l’insulso edonismo, sia per la difficoltà a mantenerli, grazie a una progressiva diminuzione dei salari, sia per la diffusione di teorie malthusiane spacciate per verità scientifiche.
L’abolizione della donna è passata dal femminismo isterico, per il quale la libertà più grande è non avere figli. Una donna che viva sola e muoia sola in una Rsa è la nuova icona. Il cinema, il giornalismo, la cosiddetta letteratura, i fumetti si sono adeguati e soprattutto si è adeguata la moda: dal Sessantotto vengono disegnati abiti troppo piccoli per essere portati da una donna vera, cioè in senso biologico che abbia almeno il 20 % del peso corporeo rappresentato da grasso. Senza quel grasso, niente ormoni femminili. Le cosiddette modelle sono in stragrande maggioranza un modello di malattia di antifisiologia, la maggior parte di loro rischia di non disporre del grasso corporeo sufficiente ad avere le mestruazioni: i danni sul cuore, sulle ossa e anche sul cervello che questo comporta sono stati venduti come «modello».
Innumerevoli donne hanno rifiutato la gravidanza nel terrore di vedere la potenza del corpo femminile vincere l’apparenza androgina da eterna bambina. Agli uomini è andata peggio.
Articolo tratto da LA VERITA’ del 21 giugno 2021. Autorizzazione per la pubblicazione richiesta all’Editore.  Chiunque vanti titoli sulle foto o sui testi presenti contatti subito il curatore per la loro immediata rimozione inviando una mail a sito@scuoladigaspero.it.