CLASSE TERZA 2021-2022

INDICE

CAMBRIDGE PREPARATION CENTER

Giada S.
Traccia 3: “Immagina di essere un soldato al fronte durante la Prima Guerra Mondiale che scrive una lettera ai propri cari o che narra in un secondo momento, una volta rientrato a casa, la sua esperienza di guerra. (Un attacco, una normale giornata al fronte, una situazione particolare,…)
17 marzo 1920
Caro diario, rieccomi finalmente qui a scriverti dopo ben quattro anni; sto ricominciando proprio adesso perché sto cercando di affidare al meglio le mie memorie e per sentirmi un po’ più libero in qualche modo, dopo tutto quello che è successo.
Questi sono dei pezzettini che mi sono appuntato mentalmente nei momenti di noia, come se ti stessi veramente scrivendo.
24 maggio 1915
L’Italia vuole scendere in guerra, ho 20 anni, non ci voglio credere; dovrò entrare nell’esercito per la mia patria: l’Italia. Abbandonare la mia famiglia, quello che più caro ho nel cuore. Il mio mondo diventato mano a mano più fragile è scoppiato come un palloncino.
Perché questo?
Perché la guerra?
Probabilmente sarà l’ultima volta che vedrò mia madre; la donna che mi ha messo al mondo a sua volta guarderà per l’ultima volta il viso di suo figlio se non per guardare con orrore la sua bara, se sarà uno fra quei fortunati che saranno riconosciuti.
Oggi sono obbligato a chiudere la mia vita dentro una valigia, una specie di bagaglio in cui stiperò più momenti felici, più volti amici, più ricordi possibili; spero che siano la mia salvezza nei momenti più bui.
3 giugno 1916
Sono partito; ho visto tutta la mia famiglia in lacrime, anche a quel burbero di mio padre ho visto gli occhi lucidi. Voglio ricordarli così: orgogliosi del proprio figlio al fronte.
La chiave che chiude il mio cuore ormai è persa, non la potrò più trovare. Gli affetti e gli amici sono al sicuro ormai.
4 giugno 1916
Ho fatto un lungo viaggio dal Veneto al Friuli, andrò in trincea come tanti prima di me.
Sento già il mio tentennamento riguardo a questo, la voglia di scappare da tutto, tornare a casa, rifugiarsi fra le braccia calde e cicciottelle della mamma; invece ora sono qui, ad aspettare un ordine: ho paura, voglio solo mollare e non sarei obbligato ad andare, ma tornerei a casa.
Non sarei nemmeno un codardo, visto che è da un po’ di mesi che la testa mi scoppia dal dolore a volte. Non so cosa sia ma lascio correre.
7 giugno 1916
Sono in una trincea nel Carso triestino: è profonda, spoglia, lurida, puzzolente, piena di cose stipate e non solo, potrei continuare.
Non è per nulla accogliente.
Gli altri soldati sono tutti contenti di andare a combattere per l’Italia; tutti tranne Lucio, fiorentino.
Parla un po’ strano, ma lo capisco in ogni caso, anche lui è giovane come me: ha 21 anni, è spaventato, è qui da più tempo di me ed è abituato a vedere i cadaveri trasportati come se stessero portando nulla di più particolare di alcune provviste, o a fare i propri bisogni in trincea e coprirli. Io invece no.
Lucio è una persona che considero uno spirito affine, se fossimo in una situazione normale saremmo già migliori amici.
E’ come il fratello maggiore che ho sempre desiderato, essendo figlio unico. Anche se impaurito e preoccupato, mi offre sempre un’ala per ripararmi e proteggermi, infatti cerca di tenermi un po’ lontano dal combattimento diretto.
1 luglio 1916
E’ passato quasi un mese da quando sono entrato a far parte di questa guerra e non riesco a capire come riesca ancora a vivere.
Il cibo fa schifo, ne arriva anche poco, lo lascio a quelli che ne hanno più bisogno e quel poco che mangio è praticamente acqua sporca invece di minestra.
Siamo in estate e il puzzo dei nostri bisogni fisiologici si innalza dalla terra come nebbia che aleggia tutt’intorno.
Non è neanche tutto: non mi lavo da due settimane, non mi ricordo più cosa significhi essere puliti, sono sudato e scottato dal Sole cocente dalla mattina fino alla sera. Non voglio mandare lettere a casa per spiegare le mie condizioni perché secondo me le controllano, hanno paura che tutt’Italia venga a conoscenza della reale situazione al fronte.
Le malattie sono all’ordine del giorno, proprio adesso c’è un’epidemia di tifo: si trovano dappertutto corpi spogliati di tutti gli averi. Appena c’è qualcuno che muore come le bestie, si salta all’attacco per prendere i vestiti e le cose che possiede lo sfortunato uomo; tutto è prezioso, non esiste la compassione più.
16 luglio 1916
Sono sfinito: non riesco più a dormire in un giaciglio scavato nella terra; se ora fa freddo di notte, non oso immaginare d’inverno. Adesso mi sembra di vivere in un sogno orribile, i corpi mutilati dei miei compagni sono buttati in mezzo ai camminamenti.
Squarci che dilaniano il petto, sangue, persone bendate alla bell’ e meglio, sangue, fori nella pelle e ancora sangue caratterizzano ognuno di quei corpi smagriti e debolissimi.
Il primo corpo senza vita che ho visto mi ha fatto entrare in una specie di stato di coma in cui tutto quello che vivo è come se lo vedessi da lontano: non riesco a vivere questo orrore.
17 luglio 1916
Non avendo scritto ancora del mio compito, rimedio subito: io sono un portaferiti, inizialmente ero in prima linea insieme a Lucio, lui un cecchino che spara da un piccolo forellino nella parete di terra. Il portaferiti entra in azione di notte quando arriva il buio e cerca di portare in salvo quante più persone possibili.
Questo mi ha reso insensibile alla morte, non c’è tempo per i sentimentalismi, ormai dopo i primi tragitti fatti con il cuore in gola, ora non mi importa più di tanto. La vita ormai è diventata meno comune della morte e se fino a quel momento non me ne ero mai reso conto, in quell’attimo ho capito che la morte arriva silenziosa, si apposta e colpisce, come un grande felino.
Tu non puoi fare niente.
Tu sei impotente.
Tu non sei niente.
24 luglio 1916
Non nego che non ci sono anche momenti divertenti: mi hanno raccontato che durante la stagione delle castagne le volevano cuocere e per fare i buchi alla padella l’hanno alzata e il nemico, precisissimo come sempre, l’ha colpita ripetutamente, facendoci un bel regalo. O anche nei momenti rari di tregua si gioca e ci si racconta delle famiglie, sentendo un po’ di nostalgia. Io non sono ancora sposato, ma ho lasciato la mia fidanzata, l’adorabile Carla, una donna meravigliosa.
29 settembre 1916
Ho deciso di morire.
30 settembre 1916
Non voglio più rimanere qui, Lucio ieri è stato colpito da un proiettile vicino al setto nasale; non riesco a vederlo così tumefatto, dice di stare abbastanza bene ma continua a perdere sangue, tantissimo, ce n’é ovunque.
E’ arrivata la notte, sento che per Lucio non c’è più niente da fare, lui è steso a fianco a me, il suo respiro è molto affannoso e anche se sento che il suo petto si alza debolmente e la sua mano si stringe alla mia, non credo che riuscirà a vedere il domani.
1 ottobre 1916
Lucio è morto verso l’alba, dopo avermi sussurrato a denti stretti che ero il suo migliore amico. Ho sentito il suo cuore rallentare fino a fermarsi dopo un’ultima pulsazione e un sospiro.
4 ottobre 1916
Sono finalmente libero da questo orrore dopo meno di un anno. Mi sono fatto colpire ad una mano e dopo essere andato in infermeria a medicarla, me l’hanno amputata. Bene, era quello che desideravo. Ora sono considerato inutile perciò non serve che rimanga ancora. Non prenderò nessuna infezione e guarirò, anche se resterò senza una mano per sempre. Sono in direzione di casa. Non sono più me stesso, la vita si è sfaldata piano piano, pezzetto dopo pezzetto e sento che il cuore ha una lunga ferita che lo percorre, chissà in quanto tempo diventerà una cicatrice.
6 ottobre 1916
Sono arrivato nel paese in cui abito, non sono ancora tornato dalla mia famiglia, ma mi sono fermato nei campi dietro la proprietà di mio padre, sento che quello è il momento. Guardo il sole, che con i suoi raggi fa risplendere il cielo, guardo le sfumature del tramonto, il rosa, il rosso mi fanno sognare. I campi ormai brulli che mi circondano cercano di ricordarmi la desolazione in cui scrivevo fino a due giorni prima, ma quel momento è mio. Mi distendo sulla terra nuda e chiudo gli occhi, le palpebre scendono e come ultima immagine vedo il volto di Lucio che mi sorride come se sapesse che nel giro di qualche secondo l’avrei raggiunto…
CLASSE TERZA 2021-2022ultima modifica: 2021-10-04T22:14:29+02:00da camillo-scuola